“End the Age of Coal” - questo il nome della giornata di mobilitazione internazionale, nonché lo slogan che ha unito la protesta in tutti i continenti - esprime la volontà chiara di molte persone, in ogni angolo del Pianeta, di consegnare al passato una fonte energetica il cui utilizzo è il primo fattore di alterazione del clima. Da una settimana, a Istanbul, oltre 500 attivisti provenienti da tutto il mondo stanno lavorando per dare vita a una campagna davvero globale contro il carbone. Il “Global Power Shift”, questo il titolo del meeting, è stato promosso da 350.org con la collaborazione di 45 associazioni tra cui Greenpeace. Ieri è stata la prima data in cui in tutto il mondo, si è manifestato contro il carbone, partendo proprio dalla Turchia, dove si è svolta una protesta che ha coinvolto oltre 3.000 persone, tra cui il direttore di Greenpeace International Kumi Naidoo.

Quello del carbone è un business sempre più insostenibile: la sua estrazione è causa di distruzione di interi ecosistemi ed è spesso correlata a fenomeni di violazione dei diritti umani; la sua movimentazione minaccia aree fragili del pianeta, come nel caso dell’export australiano che rischia di distruggere la più preziosa barriera corallina del mondo; infine, la sua combustione è responsabile di oltre il 40% delle emissioni di anidride carbonica, a livello globale, primo fattore assoluto di impatto sul clima. Dalle ciminiere delle centrali a carbone fuoriescono anche gas acidi, fuliggine e polveri sottili: ovvero il maggior contributo industriale alla generazione del particolato fine, che penetra in profondità nei polmoni e direttamente nel sangue, che colpisce soprattutto neonati e bambini e causa attacchi cardiaci e cancro al polmone, incrementa gli attacchi d’asma e i problemi respiratori. Da quelle stesse ciminiera fuoriescono anche metalli pesanti tossici come mercurio, piombo, arsenico e cadmio, che aumentano i rischi di insorgenza di malattie oncologiche e danneggiando la crescita dei minori.
Un recente studio realizzato dall’Università di Stoccarda per Greenpeace segnala come in Europa gli impatti sanitari del carbone equivalgono a circa 22.300 morti premature l’anno: ovvero, più di due morti premature ogni ora . Le circa 300 centrali a carbone funzionanti nel continente producono un quarto dell’energia elettrica consumata nell’Unione ma emettono il 70 per cento degli ossidi di zolfo e più del 40 per cento degli ossidi di azoto provenienti dal settore elettrico. Queste centrali sono la fonte di circa la metà di tutte le emissioni industriali di mercurio, di un terzo di quelle di arsenico e producono quasi un quarto del totale delle emissioni europee di CO2. La stessa ricerca dell’Università di Stoccarda evidenzia come l’impatto della produzione italiana di elettricità col carbone è causa di circa 500 casi di morte prematura l’anno in Italia.
I volontari pugliesi di Greenpeace con i No al Carbone Brindisi e WWF |
Gallery fotografica dell'evento