Greenpeace Italia

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mercoledì 24 febbraio 2016

In azione in Puglia: “Fermiamo le trivelle, tutti al referendum”


Una scritta umana di trecento metri quadri, composta da 105 persone sulle spiagge di Barletta, per mandare un messaggio inequivocabile: “NO OIL”.
Con questa azione, ripresa dall’alto, i volontari di Greenpeace della Puglia hanno dato il via alla campagna referendaria dell’associazione contro le trivelle. Il 17 aprile prossimo gli italiani saranno chiamati alle urne per decidere se consentire al governo di svendere i nostri mari ai petrolieri, o se prevedere per l’Italia un futuro energetico diverso, fatto di energie pulite e rinnovabili ed efficienza energetica, di tutela del Mediterraneo, dei suoi paesaggi e della bellezza del Paese.
Il 17 aprile, per dire no alle trivelle, votiamo sì. È un’occasione per dare una scossa positiva all’Italia, per sottrarla alla grave mancanza di visione di questo governo.
Sotto i nostri fondali c’è una quantitativo di petrolio che, se potessimo estrarlo in un colpo solo, corrisponderebbe a meno di due mesi dei consumi dell’Italia. Andrebbe poco meglio col gas: circa sei mesi. Vale la pena deturpare i nostri mari per così poche risorse , che n
on sarebbero neppure dell’Italia ma delle compagnie petrolifere?
Secondo Greenpeace il piano energetico del governo, con cui si vorrebbe estrarre fino all’ultima goccia degli idrocarburi presenti sotto i fondali italiani, non allevierebbe minimamente la dipendenza energetica italiana, non porterebbe benefici alle casse pubbliche, non creerebbe nuova occupazione in misura minimamente apprezzabile.
Si rileva, inoltre, che mentre sono stati comunicati al Paese numeri sballati sul potenziale “fossile” italiano e sulle ricadute economiche della strategia energetica renziana, in questi mesi i provvedimenti contro le energie rinnovabili hanno creato decine di migliaia di disoccupati. In più, non esiste una valutazione ufficiale pubblica dei danni che le trivelle potrebbero arrecare a settori chiave della nostra economia, come il turismo e la pesca.
Il governo, fissando la data per il voto al 17 aprile, ha voluto dimezzare i tempi della campagna referendaria, ostacolando il diritto all’informazione degli italiani per scongiurare il quorum e sprecando tra i 350 e i 400 milioni di euro pubblici per il mancato Election Day con le amministrative. Greenpeace invita tutti gli italiani, il 17 aprile, a respingere le trivelle e a chiedere al governo un futuro diverso.
Quindi al referendum del 17 aprile vota SI' per fermare le trivelle.


Greenpeace ha creato un sito per avere tutte le informazioni in merito al Referendum e scaricare il kit per aiutarci nella campagna referendaria: http://www.greenpeace.org/italy/it/Cosa-puoi-fare-tu/partecipa/referendum-trivelle

Questo invece il video dell'azione a Barletta

lunedì 8 febbraio 2016

Sulla Murgia per dire NO alle sostanze chimiche pericolose nei prodotti outdoor

Dalle località sciistiche ai parchi urbani, dai boschi ai monti di tutta Italia, gli amanti della natura insieme agli attivisti di Greenpeace hanno deciso di vestirsi in maniera inconsueta - sfruttando l’ultimo fine settimana di Carnevale - per protestare contro la presenza di sostanze chimiche pericolose e persistenti, dannose per la salute e l’ambiente, nei prodotti dei maggiori marchi del settore outdoor. Anche i volontari del gruppo locale di Greenpeace di Bari hanno partecipato a questa protesta globale, che si è tenuta in questi giorni in forme diverse in 19 Paesi del mondo dall’Australia alla Cina, dalla Germania alla Slovenia, recandosi sulle alture della Murgia.
Nel rapporto “Tracce nascoste nell'outdoor”, pubblicato qualche settimana fa da Greenpeace, emerge come The North Face, Patagonia, Mammut, Salewa e Columbia (solo per citare alcuni marchi presi in esame) continuino a usare PFC per impermeabilizzare i loro prodotti nonostante si dichiarino a parole sostenibili e amanti della natura.
I PFC sono composti chimici che non esistono in natura e, una volta immessi nell’ambiente, possono diffondersi ovunque inquinando anche le aree più remote del Pianeta accumulandosi nei tessuti degli animali e persino nel sangue umano. Queste sostanze possono causare seri danni al sistema riproduttivo e ormonale, oltre ad essere collegati a numerose malattie gravi come il cancro.

Piuttosto che andare in montagna con abbigliamento contenente PFC, abbiamo deciso di vestirci in modo insolito per far riflettere gli appassionati di montagna e sport all’arta aperta ma anche i marchi più popolari del settore sulla necessità di non usare sostanze pericolose.

Greenpeace ha analizzato 40 prodotti, votati nei mesi scorsi dagli appassionati di tutto il mondo sul sito web dedicato, trovando PFC non solo nell’abbiglia
mento, ma anche in scarpe, tende, zaini, corde e perfino sacchi a pelo. Solo in 4 prodotti (il 10 per cento quindi) non sono stati rilevati PFC, dimostrazione del fatto che solo poche aziende si stanno muovendo nella direzione giusta. Tuttavia questo risultato, ancora limitato a pochi prodotti, indica che è
possibile produrre abbigliamento impermeabile non utilizzando sostanze chimiche così pericolose.
È paradossale che quando indossiamo l’abbigliamento per le nostre attività in mezzo alla natura contribuiamo a contaminarla con sostanze pericolose. Con la protesta di oggi gli appassionati dell’outdoor chiedono con forza ai loro marchi preferiti di invertire la rotta e scegliere alternative più sicure. Aziende leader del mercato come The North Face devono smettere subito di inquinare consapevolmente l’ambiente ed eliminare tutte le sostanze tossiche. 

Leggi il rapporto “Tracce nascoste nell'outdoor”: http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2016/Detox/Tracce-nascoste.pdf