Greenpeace Italia

Gli appuntamenti di Greenpeace GL Bari

martedì 23 ottobre 2018

La microplastica nel sale da cucina: “Più del 90 per cento dei campioni contaminato”

Ben 36 dei 39 campioni di sale da cucina analizzati, provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, contenevano frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, meglio noti come microplastiche. Lo rivela una recente ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Environmental Science & Technology nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud.
Dall’indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni erano contaminati da microplastica costituita da Polietilene, Polipropilene e Polietilene Tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta.
Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione.
È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti.
Questa ricerca, la prima condotta su vasta scala e tale da permettere un’analisi comparata della presenza di microplastiche in campioni di sale da cucina provenienti da numerose aree geografiche, ha consentito anche di correlare i livelli di inquinamento riscontrati nel sale con l’immissione e il rilascio di plastica nell’ambiente. Infatti, di tutti i campioni analizzati quelli provenienti dall’Asia hanno registrato i livelli medi di contaminazione più elevati con picchi fino a 13 mila microplastiche in un campione proveniente dall’Indonesia che, secondo studi recenti, è seconda per l’apporto globale di plastica nei mari.
In generale nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche (compresi tra 0 e 1674 microplastiche per chilo, escludendo il campione indonesiano), seguiti dai campioni provenienti da laghi salati (compresi tra 28 e 462 microplastiche per chilo) e dalle miniere (compresi tra 0 e 148 microplastiche per chilo).
Anche i tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. Inoltre, in base ai risultati della ricerca e, considerando l'assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all'anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.
I risultati suggeriscono che l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo può avvenire anche attraverso prodotti di origine marina e l’esposizione umana può dipendere dai livelli di contaminazione nelle differenti aree geografiche.
Per limitare la nostra esposizione alle microplastiche sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica.
Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da quasi due milioni di persone in tutto il mondo, con cui chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s di assumersi le proprie responsabilità, partendo dalla riduzione di contenitori e imballaggi in plastica monouso immessi sul mercato.

lunedì 15 ottobre 2018

Olimpiadi della Civiltà a Bari

La mattina dello scorso 13 ottobre si è tenuta in Piazza Cesare Battisti, a Bari, la seconda edizione delle Olimpiadi della Civiltà, organizzata dagli amici di Retake Bari, patrocinata dall'Università degli Studi di Bari Aldo Moro e dall'AMIU, che ha visto la partecipazione di tanti bimbi, accompagnati da genitori ed insegnanti, oltre a varie associazioni, tra cui molti volontari baresi di Greenpeace.


Grandi e piccini si sono divisi in squadre e si sono sfidati in 4 discipline: Caccia al rifiuto selvaggio, ricerca del mozzicone perduto, cerchia la gomma da masticare, strappo del manifesto abusivo.


Prima, durante e dopo le attività, i nostri volontari hanno informato e sensibilizzato i partecipanti alle Olimpiadi sulle tematiche legate soprattutto alla plastica usa e getta, che sta letteralmente soffocando il nostro fragile Pianeta. Si è distruibuito materiale informativo, ma sono stati mostrati anche esempi pratici per ridurne drasticamente l'uso, come borracce, cannucce in metallo lavabili, spazzolini in bambù...


Eravamo presenti con un banchetto informativo ed un grande striscione "Il Mare non è usa e getta".

Al termine dei giochi sono stati distribuiti regali e gelati offerti da una gelateria del posto.

lunedì 8 ottobre 2018

Cambiamenti climatici in corso



“Acqua alta in arrivo”, “Cambiamenti climatici in corso”. Con questi messaggi i volontari di Greenpeace hanno manifestato giovedì 4 ottobre a Bari in Via Capruzzi, zona dove ha sede un’agenzia di Assicurazioni Generali. La stessa attività è stata replicata in circa altre 15 città italiane.
Il binomio cambiamenti climatici e Assicurazioni Generali è presto spiegato: da circa un anno Greenpeace, in collaborazione con Re:Common e molte associazioni internazionali, chiede al Leone di Trieste di smettere di assicurare e finanziare centrali e miniere a carbone, il più inquinante tra tutti i combustibili fossili.
Lo scorso febbraio Generali ha approvato una “strategia sul cambiamento climatico”, un primo passo che però prevede delle pericolosissime “eccezioni” grazie alle quali il più grande gruppo assicurativo italiano potrà continuare a finanziare e assicurare il carbone in Polonia e Repubblica Ceca. Paesi che hanno impianti tra i più inquinanti d’Europa. Chiediamo a Generali di diventare un vero leader nella lotta ai cambiamenti climatici, abbandonando il carbone senza eccezioni ed impegnandosi così ad assicurare a tutti i cittadini un futuro con meno disastri climatici.
Tra le “eccezioni” nella strategia di Generali ci sono: la centrale di Kozienice, secondo impianto più grande d'Europa; la miniera di Turow, che si calcola inquini l'acqua potabile di 30mila persone; la centrale di Opole, che raddoppierà la produzione nei prossimi anni e che già oggi emette ogni anno oltre 5 milioni di tonnellate di CO2 (tanta CO2 quanta ne emettono in media, nello stesso periodo, circa 2,5 milioni di SUV).
I volontari di Greenpeace hanno simbolicamente “portato” a Bari e in altre piazze italiane l’innalzamento del livello del mare, che secondo uno studio dell’Enea sarà nel nostro Paese di 90-140cm al 2100. Tra le cause principali di questo fenomeno ci sono proprio i cambiamenti climatici, oltre ad altri fattori come erosione delle coste e cementificazione. L’Enea ha recentemente prodotto anche delle dettagliate mappe che analizzano diverse zone d’Italia particolarmente a rischio.
Tra le città più in pericolo c’è Venezia ma anche Trieste, sede storica proprio di Generali. Speriamo che questo paradosso spinga il management del Gruppo a prendere una posizione davvero ambiziosa sul tema dei cambiamenti climatici, iniziando dall’abbandono immediato del carbone senza nessuna eccezione perché non abbiamo davvero più tempo da perdere e, se non agiamo oggi, domani potrebbe essere già troppo tardi.
A dicembre si terrà in Polonia la annuale Conferenza sul Clima (COP24), proprio vicino ad alcuni degli impianti in cui Generali si trova coinvolta. Gli occhi di tutto il mondo saranno puntati sulla Polonia e soprattutto sugli impianti a carbone. Generali ha la possibilità di giocare un ruolo fondamentale in uno dei momenti storici più importanti nella lotta ai cambiamenti climatici. Speriamo che ne prenda consapevolezza e diventi un leader del settore da imitare in tutto il mondo.